Singapore, la Malesia, l’Indonesia, Conrad, Kuching, Raja Brooke… C’era anche questo aspetto, il romanticismo dell’Asia. I viaggi in nave, il senso dell’avventura, di qualcosa da scoprire, il gusto “dell’altro” che ancora avant’ieri era dovunque. Questo è stato il mio tempo. Non c’erano gli alberghi di lusso dappertutto.

La fine è il mio inizio, Tiziano Terzani

Premetto che questo argomento mi è molto caro, e le parole che ho scritto a commento si riveleranno forse banali. Ma volevo cominciare a lanciare un sassolino, lasciare una pensiero che  è sicuramente paragonabile a una punta di iceberg piuttosto che a un’argomentazione compiuta.

Tiziano Terzani si è affermato da meno di un anno come una delle persone capaci di farmi sognare, tanto che ne divoro i libri con una velocità e un’avidità del tutto inconsuete. Il gusto dell’Altro, che io volutamente scrivo con la lettera maiuscola: si tratta appunto di “qualcosa da scoprire”, una possibilità che evidentemente poteva essere esplorata molto più a fondo nel momento a cui si riferisce Terzani nella citazione sopra.

Si tratta di parole scontate ormai, ma ricordiamo che la globalizzazione si accompagna a un’omologazione apparentemente incontrastabile, capace tuttavia di imporsi molto, molto lontano.

Per lo stesso principio, proprio perché questa espansione ci tocca da vicino, sappiamo un po’ tutti quanto sia difficile trovare un oggetto, un prodotto o uno stile di vita originale ed autentico anche nelle nostre cittadine. Dunque potremmo cominciare a riappropriarci del gusto della scoperta a partire dai nostri paesini e dalle aree circostanti.

Il pagliativo che mi offro per poter ancora scoprire qualcosa e sorprendermi è camminare, vivere ogni luogo a piedi, per quanto possibile, in modo da osservare, vedere con i miei occhi e immergermi in piccoli angoli che mantengono l’individualità e un proprio carattere. Faccio questo ovunque io mi trovi, partendo proprio dalla cittadina in cui vivo, arrivando talvolta a un negozietto vintage, a un bar piccolo e non visibile, a botteghe frequentata da molta gente del posto.

Si tratta di un modo per provare a riconnettersi con le persone e per far parte, seppur per pochi minuti, del tessuto di storie e frammenti di vita del genere umano grazie a due parole di rito, un sorriso, una domanda innocente che  poi apre le porte a confessioni e racconti di vita.

Tanto siamo sempre in tempo a tornare a casa, navigare su internet e immergerci in una dimensione più cosmopolita.

2 thoughts on “One step closer to humanity

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